L’ultimo studio di follow up del progetto PrISMA sulla salute mentale dei giovani lo conferma: i disturbi mentali presenti nella prima adolescenza non passano col tempo ma permangono anche nelle fasi di vita successive. Il lavoro, condotto dall’IRCCS Medea e pubblicato su Epidemiology and Psychiatric Sciences, ha coinvolto un campione di 420 soggetti nel passaggio tra la prima adolescenza (10-14 anni) e la tarda adolescenza (15-19 anni), e ha indagato lo spettro completo dei problemi emotivi e comportamentali. La stabilità del tratto psicopatologico, quando questo era già presente alla prima valutazione, è risultata molto alta, anche se per alcune limitate forme di patologia può cambiare la modalità clinica con la quale si manifesta. Nello specifico, è emerso che un disturbo della condotta presente prima dei 14 anni solitamente si mantiene nel tempo, così come il disturbo depressivo si mantiene costante o “si maschera” da disturbo d’ansia, mentre le somatizzazioni in pre-adolescenza si trasformano spesso in quadri ansioso-depressivi con il passare degli anni. I sintomi di iperattività/inattenzione sono molto stabili nel tempo (e questo conferma la presenza di un nucleo specifico proprio di questa forma psicopatologica), anche se tendono a decrescere i comportamenti iperattivi. A differenza del primo studio PrISMA, che aveva sottolineato il peso del “fattore famiglia” nelle fasi di sviluppo pre-adolescenziali, nel periodo adolescenziale assumono maggior rilievo gli eventi di vita stressanti, non riferiti solo all’equilibrio familiare. Peraltro non va dimenticato che soffrire di una forma psicopatologica, specie sul versante dei disturbi del comportamento, favorisce l’insorgere di “life events” – è più facile per un preadolescente emotivamente instabile o impulsivo aggressivo “mettersi nei guai” – che finiscono poi per precipitare il ragazzo in una spirale di aggravamento.
Lo studio ha anche evidenziato come solo una parte di ragazzi con problemi psicopatologici si sia rivolto ai servizi pubblici di neuropsichiatria infantile, maggiormente quelli affetti da disturbi del comportamento aggressivo, che è la dimensione tra l’altro meno facilmente modificabile quando orai si è stabilizzata, molto meno i soggetti con disturbi ansioso-depressivi. Questi dati sottolineano ancora una volta come la salute mentale di una persona sia una realtà da costruire progressivamente fin dai primi anni di sviluppo, cosa bel diversa dal puro intervento sulla patologia al momento del suo manifestarsi. In quest’ottica il Senato ha approvato la mozione n. 668 sulla tutela della salute mentale in età evolutiva. L'atto di indirizzo, che è stato sottoscritto da tutti i Gruppi, invita il Governo a “promuovere l'istituzione di un tavolo permanente che elabori le linee guida del programma nazionale per la ricerca sulla salute mentale nell'infanzia e nell'adolescenza, i trattamenti riabilitativi, gli interventi di prevenzione e le modalità di fornitura dei servizi”.
Il Medea, citato nella mozione per le sue ricerche epidemiologiche in questo campo, approva l’iniziativa: “Quello del Parlamento è un intervento molto importante – afferma Massimo Molteni, responsabile dell’Unità di Psicopatologia del Medea – perché non si sostituisce ai tecnici e alle famiglie e non detta comportamenti rigidi da osservare, ma ribadisce come per la società italiana la promozione della salute mentale in età evolutiva sia un punto imprescindibile per le politiche del wefare. A mio avviso, bisogna avere coraggio e recepire questa forte sollecitazione per uscire dagli schemi organizzativi del passato: per intercettare precocemente il disagio e operare prima che si cristallizzi in “psicopatologia”, è necessario sviluppare modelli operativi che tengano conto di alcuni punti irrinunciabili: - Partire dalle evidenze scientifiche, ossia ricerca clinica di buona qualità che studi la peculiarità del contesto italiano: nessuno ha mai studiato con metodo il peso positivo della peculiarità sociale e educativa del contesto italiano. - Agire per sostenere la famiglia, anche nei suoi compiti educativi. - Operare per coinvolgere attivamente tutte le agenzie educative affinchè collaborino a promuovere i fattori di “resilienza”, ossia di quelle abilità interne che possono difendere l’equilibrio psicologico del bambino. - Promuovere servizi specialistici di tutela della salute mentale che individuino e curino tempestivamente e adeguatamente ciò che è patologico, fin dai primi anni di sviluppo, con risposte innovative ai bisogni dei bambini e dei giovani anche attraverso un uso sempre più diffuso e oculato delle risorse tecnologiche e web based. Chi si occupa di questi temi deve usare paradigmi operativi e organizzativi che coraggiosamente si devono aprire alle logiche e alle tecnologie del web 2.0. Evitare la “psichiatrizzazione” del problema: il rigore metodologico e scientifico non implica necessariamente una impropria medicalizzazione della crescita dei bambini: proprio chi è medico sa quale è il confine tra cura e promozione della salute. |