comunicato stampa del 18/03/2013 00:0

Lo sguardo per comprendere l'autismo

Un progetto Italia – Svizzera indaga le abilità sociali e l’attenzione visiva in bambini tra i due e i quattro anni. La ricerca verrà condotta presso l’Istituto Scientifico Medea di Bosisio Parini

Numerosi studi sullo sviluppo dei bambini autistici hanno messo in luce le loro difficoltà nell’area delle abilità sociali. Infatti, nell’età in cui i bambini normalmente si interessano alle persone e iniziano a comunicare, i bambini autistici hanno difficoltà ad interagire con gli altri e sono caratterizzati da una limitazione di comportamenti non verbali, come l’utilizzo dello sguardo e la mimica facciale.

Un ulteriore elemento evidenziato dalla letteratura riguarda l’importanza di interventi sempre più precoci ed intensivi.

Per tale motivo, un gruppo di ricerca dell’Università di Losanna, del dipartimento sanità della Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana e dell’Istituto Scientifico Medea – La Nostra Famiglia ha avviato uno studio finalizzato a valutare due metodi orientati allo sviluppo delle abilità sociali in un campione di 40 bambini con diagnosi di autismo di età compresa tra i due e i quattro anni.

“La difficoltà di capire e condividere i propri stati emotivi costituisce una caratteristica dei bambini con deficit dello spettro autistico. Gli studi di Rizzolatti e Gallese permettono di supporre che la comprensione del punto di vista degli altri provenga in parte dall’attivazione dei neuroni specchio”, afferma Emmanuelle Rossini, tra i responsabili del progetto. “In breve, quando osserviamo una persona provare una certa emozione si attivano, nel nostro cervello, gli stessi neuroni che entrano in gioco quando siamo noi a sentire quella stessa emozione. Con ogni probabilità nei bambini con autismo questo meccanismo si inceppa”.

Un’ipotesi recente associa inoltre le difficoltà d’imitazione presenti nei soggetti autistici ad una peculiarità della loro attenzione visiva: nel seguire una conversazione tra due persone, questi tendono infatti a dirigere la loro attenzione non al volto dei personaggi, ma a elementi della scena molto meno pertinenti per comprendere le loro relazioni.

“Alla luce di questi dati è possibile ipotizzare che un miglioramento delle competenze dell’attenzione visiva, orientandola verso i stimoli pertinenti alla comprensione della situazione sociale, influenzi positivamente il funzionamento del sistema dei neuroni specchio che permette, a sua volta, lo sviluppo delle abilità sociali”, continua Emmanuelle Rossini.

La ricerca, che verrà condotta presso l’Istituto Scientifico Medea di Bosisio Parini, prenderà in esame due gruppi di bambini con diagnosi di disturbo dello spettro autistico: un campione seguirà l’intervento ABA, ovvero l'analisi comportamentale applicata alle diverse abilità necessarie alla vita quotidiana, che ormai sistematicamente è praticata presso il Medea di Bosisio Parini sotto la guida della dr.ssa Laura Villa, in una modalità organizzativa innovativa e compatibile con le regole del SSN nelle fasi precoci dello sviluppo, subito dopo la diagnosi di autismo; l’altro gruppo verrà invece trattato con la metodologia SAS, costruita sull’interazione dei bambini con pupazzi animati dal terapeuta, in presenza dei genitori che possono poi di seguito proseguire nella quotidianità introducendo tecniche di incremento della cognizione sociale. La grande differenza tra i due metodi sta nel fatto che il primo punta sulla modificabilità dei comportamenti sociali, mentre il secondo pone l’attenzione sul recupero delle tappe evolutive costitutive della cognizione sociale.

La metodologia SAS nella sua prima fase utilizza volti immobili che si attaccano e si staccano dalla sagoma di marionette e, associandoli ad una mimica facciale fortemente drammatizzata dal terapeuta, incrementa l’attenzione visiva del bambino, incitandolo a guardare l’oggetto del viso (statico del burattino e dinamico del terapeuta).

L’analisi dei cambiamenti d’attenzione visiva avverrà all’inizio, alla fine dell’intervento e dopo tre mesi dall’interruzione della procedura, attraverso il metodo dell’Eye Tracking, tecnica dell’inseguimento dello sguardo all’interno di un compito di scelta visiva, e mediante l’uso di una Wearcam, che permette di analizzare ciò che il bambino osserva all’interno del suo ambiente naturale. I bambini, inoltre, saranno valutati attraverso le maggiori scale psicometriche utilizzate nella ricerca e in campo clinico.

“L’obiettivo principale del nostro studio è analizzare lo sviluppo delle abilità sociali in bambini con autismo soprattutto in termini di cambiamento dell’attenzione visiva”, afferma Emmanuelle Rossini, “Migliorando l’attenzione visiva nei bambini autistici e attivando, di conseguenza, il sistema dei neuroni specchio, si apriranno prospettive interessanti per la messa a punto di interventi mirati allo sviluppo del loro comportamento sociale”.

“Questo progetto si colloca in continuità con quanto auspicato dall’accordo Stato-regioni sull’autismo dell’autunno 2012, in cui si sollecitavano le istituzioni sanitarie e in particolare gli IRCCS a proseguire nello sviluppo e nella valutazione di modelli e modalità di intervento, specie di quelli precoci, a favore dei bambini affetti da autismo – sottolinea Massimo Molteni, responsabile dell’Unità Operativa di psicopatologia dello sviluppo del Medea - L’opportunità di collaborare con i colleghi della confederazione elvetica è una occasione importante, anche sul piano culturale, favoriti, una volta tanto, da una vicinanza non solo geografica”.

Lo studio è finanziato dalla divisione 1 del Fondo Nazionale Svizzero per la ricerca scientifica (FNS-NF), uno dei due fondi concorrenziali di finanziamento della ricerca sul territorio elvetico.